Il nucleare, un argomento sempre di attualità, che ritorna spesso sulle “prime pagine” dei media e tra le proposte di alcuni politici e non solo.
L’Italia ha un passato legato a questo tipo di fonte di energia. Tuttavia, prima il disastro di Chernobyl (26 aprile 1986) e poi quello di Fukushima (11 marzo 2011), hanno influenzato notevolmente l’opinione pubblica e, di conseguenza, anche la politica.
Sommario
- Il nucleare in Piemonte
- Dati relativi agli impianti presenti in Regione
- Decommissioning (smantellamento) di un impianto nucleare
- Rifiuti radioattivi in Italia, tabella e grafico
- Monitoraggio ambientale della radioattività
- Fonti, risorse
Il nucleare in Piemonte
Un ruolo importante in questo senso lo ha avuto la nostra regione a partire dagli anni ’60.
In Piemonte, infatti, vi sono 3 siti, per un totale di 4 impianti, collegati al nucleare. È la regione, a livello nazionale, che ha ospitato la maggior quantità di scorie, rifiuti radioattivi.
Il referendum del 1987 ha determinato la chiusura degli impianti FN di Bosco Marengo, EUREX di Saluggia e la Centrale Nucleare “E. Fermi” di Trino.
SO.G.I.N., la società statale creata nel 1999 appositamente per lo “smantellamento differito”, si è poi occupata della graduale disattivazione.
- Uno è in provincia di Alessandria:
Bosco Marengo (impianto ex FN-SO.G.I.N.) - Gli altri sono è in provincia di Vercelli:
Saluggia (impianto EUREX-SO.G.I.N.)
Saluggia (Deposito Avogadro)
Trino (Centrale Nucleare “E. Fermi”-SO.G.I.N.)
Saluggia era anche sede industriale per la produzione di radiofarmaci, la ricerca in campo nucleare e la raccolta di rifiuti radioattivi.
A maggio del 2013 la comunicazione dell’ultimo trasporto di combustibile irraggiato dal Deposito Avogadro di Saluggia all’impianto francese di La Hague.
Dati degli impianti nucleari in Piemonte
Forniamo di seguito alcune informazioni relative ai vari impianti piemontesi con gli ultimi dati disponibili (del 2022).
- Trino, Vercelli
Tipo reattore: Reattore ad acqua in pressione (Centrale Nucleare “Enrico Femi”)
Potenza elettrica lorda: 272 MWe
Inizio / fine attività: gennaio 1965 / marzo 1987
Energia prodotta: 25 TWh
Gestione Sogin: dal novembre 1999
Dipendenti: 56
Rifiuti radioattivi presenti: 1.511 mc
Inizio smantellamento (decommissioning): 1999
Anno raggiungimento brown field – fase 1: 2030
Valore raggiungimento brown field – fase 1: 245 M € - Bosco Marengo, Alessandria
Impianto per la fabbricazione degli elementi di combustibile
Inizio/fine attività: 1974 / 1995
Gestione Sogin: dal 2005
Dipendenti: 32
Rifiuti radioattivi presenti 590 mc
Inizio smantellamento: 2005
Anno raggiungimento brown field – fase 1: 2021
Valore raggiungimento brown field – fase 1: 37 M € - Eurex Saluggia, Vercelli
Impianto di ricerca su ciclo del combustibile nucleare
Inizio / fine attività: 1970 / 1984
Gestione Sogin: da agosto 2003
Numero dipendenti: 25
Rifiuti radioattivi presenti: 2.885 mc
Inizio smantellamento: 2003
Anno raggiungimento brown field – fase 1: 2035
Valore raggiungimento brown field – fase 1: 472 M €.
Cos’è il “decommissioning” (smantellamento) di un impianto nucleare
Dopo la costruzione dell’impianto e la sua attività, la terza fase riguarda il suo smantellamento. Questo consiste, in pratica, nell’allontanamento del combustibile e la creazione di dati relativi all’impianto. Poi vi è la decontaminazione del sito, la demolizione delle strutture e la creazione di un database radiologico della zona.
Con il decommissioning avviene anche la gestione dei rifiuti radioattivi, situati temporaneamente in depositi costruiti appositamente.
Una volta che tutti gli edifici sono stati demoliti, i rifiuti radioattivi stoccati nei depositi locali (in attesa di essere trasportati nel Deposito Nazionale), si passa alla fase definita “Brown Field” (prato marrone).
Quando tutti i rifiuti radioattivi raggiungono il Deposito Nazionale, si passa alla fase di smantellamento dei depositi temporanei. Terminata questa, la zona raggiunge lo stato finale di “Green Field” (Prato verde), pronta per essere destinata alla collettività.
Al momento non esiste ancora un “Deposito Nazionale”. L’ostacolo principale è dovuto alla scelta del luogo adatto, poiché risulta complicato ottenere il beneplacito della collettività, dei residenti. I timori, fondati o no che siano, sono tanti.
Percentuali di rifiuti radioattivi in Italia
Tabella e grafico della situazione italiana. La fonte è l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN) e i dati (aggiornati al 31 dicembre 2022) sono inseriti nell’Inventario Nazionale dei Rifiuti Radioattivi 2023.
Iniziamo con la tabella, che vede in vetta il Piemonte.
- 72,53 % – Piemonte
- 12,72 % – Campania
- 8,77 % – Basilicata
- 3,65 % – Lombardia
- 2,07 % – Lazio
- 0,25 % – Altre Regioni
Qui, invece, il grafico, che ben rende l’idea della distribuzione nazionale.
Monitoraggio ambientale radioattività
Ogni anno in Piemonte agiscono due soggetti per il controllo della radioattività: la rete nazionale (RESORAD), sotto la guida dell’ISIN, e la rete regionale. Vengono analizzati sia elementi presenti nell’ambiente, sia prodotti alimentari.
Dal disastro nucleare di Chernobyl, ad esempio, viene tenuto d’occhio il livello di “Cesio 137”. In alcuni casi si misura lo “Stronzio 90” e il Plutonio, per verificare la presenza di elementi radioattivi conseguenti all’attività nucleare (test) degli anni ’50 e ’60.
Questo, per quanto riguarda la radioattività artificiale. Il monitoraggio, però, si estende anche a quella naturale (dal Sole per il 67% e dall’Universo per il 33%).
Fortunatamente, la Terra ha un ottimo scudo nell’atmosfera per fermare queste radiazioni cosmiche.
Fonti, risorse
- ISIN (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione)
- Monitoraggio ambientale radioattività (Arpa Piemonte)
- Sogin – Siti nucleari in Italia (per conoscere la situazione aggiornata).
Qui sotto trovate il pdf dal titolo “Inventario Nazionale dei Rifiuti Radioattivi”. Un documento interessante di ben 86 pagine, con dati aggiornati al 31 dicembre 2022.
Come scritto ad inizio articolo il nucleare è tornato fortemente di attualità, soprattutto dopo l’inizio del conflitto in Ucraina e i conseguenti problemi di approvvigionamento energetico.
Vi è una parte politica e una schiera di imprese che chiedono a gran voce la svolta nucleare per l’Italia. Dall’altra parte vi sono politici e una buona percentuale di opinione pubblica che teme questo passaggio. Tra rischi sicurezza/ambiente e indipendenza energetica sarà interessante scoprire cosa accadrà nei prossimi anni.
Curiosità: in media ci vogliono circa dai sette ai dieci anni per la costruzione di un centrale nucleare di ultima generazione.